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Quando Zio Paperone ispirò Giacomo Puccini…

– di Gianmarco Caselli – Abbiamo letto “Zio Paperone e l’opera inattesa”, la storia scritta da Alessandro Sisti e disegnata da Simona Capovilla sul Topolino n. 3597 come omaggio per il centesimo anniversario di Giacomo Puccini, senza ombra di dubbio l’ultimo grande operista della storia della musica. Mercoledì 30 ottobre la Fondazione “Simonetta Puccini per Giacomo Puccini”, in collaborazione con Panini Comics, ha organizzato un evento speciale all’Auditorium Puccini di Torre del Lago (Viareggio), con le tavole a fumetti della storia in concomitanza con il Lucca Comics & Games. La storia inizialmente sembra incentrata sulla ricerca della partitura del finale di Turandot, l’ultima opera di Puccini appunto rimasta incompiuta. Ma si tratta di un inganno di Zio Paperone per sviare Rockerduck: in realtà il plurimiliardario cerca una fotografia di Paperopoli scattata proprio da Puccini. Una storia breve in cui emergono tanti aspetti del noto operista come la sua passione per le innovazioni tecnologiche. La fotografia era una di queste: ve l’abbiamo raccontata in un altro nostro servizio relativo alla mostra “Qual occhio al mondo”. Puccini fotografo  realizzata dalla Fondazione Centro studi Licia e Carlo Ludovico Ragghianti di Lucca in collaborazione con la Fondazione Simonetta Puccini per Giacomo Puccini di Torre del Lago e il Centro studi Giacomo Puccini di Lucca. La storia di Sisti si conclude con un flashback: il lettore viene portato indietro nel tempo, quando il compositore lucchese si incontrò con Zio Paperone e fu proprio il ricco papero a ispirare Puccini con una sua storia amorosa ai tempi del Klondike da cui prenderà vita La fanciulla del West.     Abbiamo intervistato Alessandro Sisti che ci ha fornito, a corredo di questo servizio, le immagini delle tavole della storia prima di essere colorate e prima che fossero scritti i testi dentro le nuvolette.   Quale è stato il tuo primo contatto con Puccini?   Francamente è passato troppo tempo perché riesca a ricordarmene. In casa la musica era apprezzata e mia madre suonava discretamente il pianoforte, ma io le chiedevo soprattutto brani come Per Elisa di Beethoven, o la Marcia Turca di Mozart, per i quali da piccolo andavo matto, mentre di Puccini il mio preferito era il Coro a bocca chiusa. Al di là delle melodie, ho memorie più nitide di quando iniziai a farmi un’idea di Puccini come personaggio. Risalgono a quand’ero ormai già alle medie e allo sceneggiato Rai interpretato da Alberto Lionello, la cui sigla iniziale mi pare fosse proprio (con mia grande soddisfazione d’allora) quel coro della Butterfly cui accennavo prima.   – Conoscevi la sua passione per le novità tecnologiche o l’hai scoperta studiando il modo di realizzare  questa storia?   La conoscevo, come credo la maggior parte del pubblico, segnatamente per ciò che riguarda la velocità e i motori, o l’innovazione applicata alla diffusione della musica, grazie alla quale è stato fra i primi a veicolare le proprie opere incise su disco. Confesso invece che ignoravo il suo amore per la fotografia. A raccontarmelo è stata Patrizia Mavilla, la direttrice della Fondazione Simonetta Puccini, regalandomi un’informazione preziosa che è divenuta la chiave di volta dell’avventura pubblicata su Topolino.   – Hai un’opera preferita di Puccini?   Potrei dirvene una… e dopo me ne verrebbe in mente un’altra e poi un’altra ancora. La verità è che le preferisco tutte, musicalmente e ancor più per il fatto che Puccini – lo dichiarò lui stesso – con le note riteneva di scrivere teatro e diceva di non saper fare musica senza una storia. Per chi di storie vive, come nel mio piccolo faccio io, è un’affermazione esaltante.     – Molto carino il finale in cui a Puccini viene l’idea di comporre La fanciulla del West ispirandosi a un’avventura amorosa nel Klondike di Zio Paperone. Ci dici come ti è venuta in mente?   È nata ragionando sul fatto che gli anni di Puccini e quelli del giovane Zio Paperone, intento a porre le basi della sua fortuna come cercatore d’oro, riportano alla medesima epoca. Approfondendo quell’intuizione ho trovato una miniera di corrispondenze. I cercatori erano spesso appassionati di musica, una delle poche opportunità di sollievo e d’elevazione nelle loro esistenze, e ne La fanciulla del West molta dell’azione scenica si svolge alla Polka, il saloon della protagonista Minnie, non diverso da quello della Bolla d’Oro di Doretta Doremì frequentato da Paperone. Eccetto il dettaglio che lo sfondo de La fanciulla è quello della Corsa all’Oro californiana anziché quella del Klondike, i conti tornavano, tanto più – tengo a sottolinearlo – considerando che a unirli non è una generica vicenda sentimentale del papero più ricco del mondo, bensì il suo indimenticato e forse unico amore, rievocato addirittura nel 1953 dal suo creatore Carl Barks. Non c’è dubbio che se mai Zio Paperone ne avesse parlato a Puccini, l’avrebbe fatto con accenti adatti a ispirarlo.     – Non è certamente facile ideare una storia originale su Puccini e i paperi. Da quali spunti sei partito?   Per essere sincero è stato più semplice di quanto possa sembrare. Come dicevo, gli ingredienti fondamentali erano già tutti nella realtà storica e non avevo che da ricucinarli in una prospettiva disneyana. La scelta era come servirli: contestualizzandoli integralmente nel passato come ho fatto in altre occasioni, oppure al presente? A farmi decidere sono stati gli scenari di Torre del Lago Puccini e della residenza del compositore, che oggi è la villa-museo a lui dedicata, che mi sono sembrati subito la risorsa più desiderabile per una narrazione anche visivamente ricca e diversa, nella sicurezza che la mia co-autrice Simona Capovilla, che ha disegnato la storia, avrebbe saputo sfruttarli nel modo migliore.   – Non è stata la vostra prima collaborazione, giusto?   Sì, abbiamo lavorato insieme su diverse altre storie. Per me (e spero anche per lei) sono state tutte esperienze gratificanti, perché Simona è un’artista di rango, con un talento per la recitazione dei personaggi e uno splendido senso della scena. In più l’ho scoperta essere anche una musicista e una pucciniana convinta, tanto che

Sara Vettori e Caterina Scardillo a Lucca Comics & Games 2023 - cover

Vorreste stupire i vostri amici con una cena a base di sirena e unicorno ma non conoscete le ricette? Ecco il libro che fa per voi!

di Gianmarco Caselli Avete intenzione di stupire i vostri amici a cena? Niente di meglio che preparare un bel Kraken cacciuccato alla livornese o sfilacci di unicorno con polenta o perché no… una sirena in scatola sott’olio. Ma se non è un problema reperire questi animali fantastici, lo è invece trovare le ricette per cucinarli. O almeno lo era fino a oggi, perché adesso abbiamo a disposizione un pratico ricettario immaginario edito da Edizioni NPE e che si intitola proprio Animali misteriosi e come mangiarli. Un libro in stile ottocentesco arricchito da illustrazioni ispirate ai bestiari medievali e ai libri di cucina del XIX secolo. Un volumetto prezioso e anche fortemente ironico che, nella quarta di copertina, per fugare ogni dubbio di noi animalisti, chiarisce: “Nessun animale, né reale né ovviamente immaginario, è stato maltrattato durante la realizzazione di questo libro.” Questo piccolo gioiello culinario, che non potrà più mancare nelle nostre cucine, è realizzato dalla Imaginary Travel Ltd, un trio costituito da Michele Mingrone (autore e coordinatore del progetto), Sara Vettori (illustrazioni originali) e Caterina Scardillo (progetto grafico, impaginazione e calligrafia), autori anche di altri due volumi in stile ottocentesco: I luoghi di Lovecraft, e il bellissimo Vampiri, dove trovarli. Abbiamo incontrato Sara Vettori e Caterina Scardillo a Lucca Comics & Games 2023 e le abbiamo intervistate. Imaginary Travel Ltd può essere definito una sorta di piccolo collettivo? Caterina Scardillo: Esattamente. Abbiamo creato questo nome immaginario Imaginary Travel Ltd appunto,come fosse una società inglese; ma siamo io, Sara e Michele che è poi l’ideatore e curatore di tutti e tre i libri. Siete sempre e solo voi tre o siete stati affiancati anche da altri collaboratori per le vostre pubblicazioni? C.S. Abbiamo realizzato tutti i nostri libri insieme ma abbiamo avuto anche qualche ospite, qualche capitolo nei vari libri è stato scritto a più mani con altri autori fra cui Federico Guerri “Sindaco di Nerd”, Mario Venturella, Fulvia Cipriani, Francesca Cherici… Sara Vettori.: Per ogni libro abbiamo dei collaboratori, ci piace collaborare, l’unione fa la forza. È bello avere più voci all’interno di ogni volume. Chi sceglie il tema da trattare in ogni nuovo lavoro? C.S.: L’idea del libro la scegliamo noi tre insieme all’editore. I temi sono sempre noir come piace a noi; una volta scelto il tema, Michele scrive il testo e contemporaneamente Sara (Vettori) crea illustrazioni per ogni capitolo a partire dalla suggestione che le viene dal testo di Michele. I loro lavori corrono paralleli. Quando hanno finito la loro parte, arrivo io come ultima staffetta che impagino il tutto tenendo un filo conduttore di tutti gli elementi e cercando di essere aderente al periodo storico in cui si ambientano i libri. Perché queste che realizziamo vogliono si propongono come guide immaginarie turistiche d’epoca. Sono guide immaginarie di fine ‘800. Che tecniche utilizzate per realizzarle in uno stile che ricalchi quello di tale epoca? C.S.: Mentre Sara deve tenere conto delle tecniche di stampa, io devo tenere conto dei caratteri tipografici: tutto deve essere coerente con l’epoca in cui si finge sia uscito il libro. S.V.: Principalmente sono un incisore, quindi utilizzo la xilografia e la calcografia, ma è impensabile realizzare 150 illustrazioni con queste tecniche perché richiedono tempi molto lunghi. Per ogni libro quindi ne utilizzo varie, dal carboncino alla grafite, all’acquarello e molte incisioni. Ogni tecnica è finalizzata per quello che voglio realizzare, al tema della storia o al particolare da descrivere; vado molto a sentimento e cerco armonia fra tutte le tecniche. Magari parto da una base di incisione, che poi decido di acquarellare e infine il mio lavoro  può anche essere rielaborato graficamente da Caterina. Il vostro è dunque un lavoro molto artigianale… S.V.:  Molto. Anche adesso allo stand [di Lucca Comics] per fare le dediche sui libri, Caterina sta calligrafando e io sto timbrando con piccole incisioni montate su legno. Immagino che ci sia un lavoro di documentazione molto impegnativo dietro ogni lavoro. Che tipo di studio c’è dietro i vostri volumi? S.V.: Tanti libri. Michele per realizzare i suoi scritti sui vampiri è partito da Babilonia. La ricerca è veramente lunga. Noi facciamo lo stesso: Caterina per i caratteri tipografici e per tutto ciò che concerne la grafica, io anche per le illustrazioni: tutto deve essere più filologico possibile. Da vegetariano posso utilizzare questo libro? S.V.: Anche io sono vegetariana, ho scritto la ricetta delle polpette alla mandragora! E ce ne sono anche altre: quella dello Ya-te-veo, dell’agnello vegetale, dei funghi di Kingsport, e quella della baverese al Blob bianco. Ovviamente vanno cambiati gli ingredienti… A chi è venuta l’idea di fare questi libri? L’idea originaria è stata di Michele che durante laboratori svolti nelle scuole con alcuni ragazzi sul tema del viaggio immaginario, aveva provato a ricreare delle mappe sulle quali muoversi per gioco. Da qui l’idea è stata sviluppata da Sara e Michele ma in forma di libro d’arte con le illustrazioni. Inizialmente pensavano a una sorta di Lonely Planet. Poi sono arrivata io e ho pensato di introdurre un’ambientazione d’epoca un po’ retrò, un po’ vintage e abbiamo adottato questa estetica anticata.