Marlene Kuntz Catartica 2024

I Marlene Kuntz a Livorno con la “data zero” del nuovo tour!

– di Gianmarco Caselli – Catartica dei Marlene Kuntz rivive nella “data zero” che fa partire il tour dedicato al trentennale del loro album d’esordio I Marlene hanno letteralmente inondato di fan il The Cage di Livorno con il concerto di presentazione di Catartica 2024, tour nato per celebrare i trenta anni dell’omonimo disco d’esordio della band: Catartica, appunto.   Per l’anniversario è uscita anche la ristampa di Catartica, sia in formato cd che in doppio lp, entrambi corredati da libretto con foto inedite e un box deluxe in edizione numerata e limitata. I Marlene Kuntz –  Cristiano Godano (voce e chitarra), Luca Lagash Saporiti (basso), Riccardo Tesio (chitarra), Davide Arneodo (tastiere) e Sergio Carnevale (batteria) – a Livorno hanno fatto rivivere ai fan la forza dirompente di un album che, quando uscì, segnò una nuova via della musica alternativa italiana. Un album che, a sentirlo suonare dal vivo oggi, stupisce ancora di più pensando a quanto abbia influito sulle band alternative italiane e a quanto fosse viva e attiva la musica nel nostro paese negli anni ‘90: ad ascoltare la musica banale e omologata che spadroneggia oggi in Italia, sembra quasi che quel periodo così musicalmente creativo e pieno di fermento culturale, non sia mai esistito. La band nel dicembre scorso ha ricevuto il Premio Ciampi alla carriera, e Godano ha anche ricevuto il Premio Lucca Capannori Underground Festival 2023 per la diffusione della cultura underground.     I Marlene dal vivo oggi sono ancora più potenti, un muro di suono esplode dal palco e affonda sul pubblico. Godano non si risparmia, salta e si infuria sulla chitarra. Ci sono pochissimi momenti di relativa quiete, la macchina dei Marlene travolge il tempo e fa sentire presenti e attuali gli anni ‘90. Godano parla poco, chiarisce che i brani di questo tour sono tutti “pre-2000” e i fan rispondono calorosamente, in particolare quando, al secondo bis, il cantante rende il giusto omaggio  all’ex batterista – tra i fondatori del gruppo – scomparso a marzo 2023: “Questo tour è dedicato a Luca Bergia che ha creato con noi Catartica.”   La scaletta del concerto: Trasudamerica Canzone di domani Gioia (che mi do) Fuoco su di te Aurora L’agguato Lamento dello sbronzo Mala mela 1° 2° 3° Infinità Ineluttabile Lieve Festa mesta Sonica Nuotando nell’ariaPrimo bis: Come stavamo ieri Ape regina M.K. Secondo bis: Ti voglio dire Bellezza  

CCCP Felicitazioni: il punk non è morto!

– di Gianmarco Caselli – Ultimissimi giorni per visitare la grande mostra “FELICITAZIONI! CCCP – Fedeli alla linea. 1984 – 2024” allestita ai Chiostri di San Pietro di Reggio Emilia: la mostra ha superato le 25.000 presenze nei primi tre mesi di apertura e la chiusura è stata prorogata al 10 marzo.   Una mostra che va in parallelo con il ritorno sulle scene dello storico gruppo punk emiliano. Una reunion che ha subito registrato il sold out con tre date a Berlino e che presto arriverà sui palchi italiani. Un ritorno che sembrava impensabile fino a che non sono apparsi i primi rumors nel 2022, anche se lo stesso Massimo Zamboni, al Lucca Capannori Underground Festival 2022 di cui era uno degli ospiti di punta, non si era allora pronunciato.     Della mostra si è detto e scritto di tutto e di più ma vi consigliamo vivamente, se non siete ancora andati a visitarla, di affrettarvi e farvi la vostra personale idea di questo viaggio che sicuramente sarà anche un po’ il vostro personale viaggio nell’universo musicale, ideologico e culturale che forse avete vissuto in quegli anni insieme alla band icona del punk italiano. L’ allestimento, fuori dall’ordinario senza ombra di dubbio, proietta il visitatore nel mondo dei CCCP attraverso ben 25 sale in un percorso che merita almeno due ore di visita. E non si tratta ovviamente di una sola esposizione di cimeli, anzi: si tratta soprattutto di una mostra immersiva, che fa sentire il visitatore parte di quel mondo, più o meno come può accadere durante un concerto o uno spettacolo.     Sono tanti e diversificati gli allestimenti nelle diverse stanze di questa mostra, così come sfaccettato, poliedrico e variegato era il mondo dei CCCP. Un mondo che si è complicato ancora di più dopo la rottura fra Zamboni e Ferretti e le  varie prese di posizione politiche del secondo (mentre invece Zamboni è sempre rimasto fedele alla linea). Così si passa da stanze dove possiamo ammirare cimeli e fotografie dei CCCP, ad altre in cui siamo immersi nella loro musica a tutto volume con altoparlanti che calano dal soffito, o in cui siamo sommersi da proiezioni video delle loro esibizioni o, ancora, dove dobbiamo passare in mezzo a gigantografie dei dirigenti dell’URSS e dei suoi stati satellite mentre siamo avvolti dalle note dell’Inno Sovietico. Perché sì, c’è anche questo ovviamente: la Storia, quella con la S maiuscola, e non potrebbe non essere presente in una mostra dedicata a un gruppo che già nel nome dà una chiara indicazione del proprio indirizzo ideologico. E questo è forse il primo vero impatto che abbiamo quando, nel chiostro principale subito poco dopo l’entrata, vediamo una Trabant accanto a un blocco del Muro di Berlino.     Tutto lascia una sensazione strana, stranissima. Ma emozionante. Per chi ha vissuto quei tempi, c’è sicuramente una punta di nostalgia che si affaccia, soprattutto pensando ai nostri, di tempi, con la musica italiana tendenzialmente appiattita su cliché e falsa provocazione. Difficilissimo pensare a un gruppo oggi che non nasca da una mera logica di mercato. Certo è che si prova anche un brivido pensando a quante analogie ci sono oggi con gli anni ’80, con il ritorno alla minaccia nucleare, al mondo diviso in due blocchi con una Russia antagonista dell’occidente. E allora forse non è un caso che appunto siano tornati i CCCP. E non importa se i nostri sono naturalmente invecchiati, anzi: il messaggio è ancora più potente, tornano da dove avevano finito senza cambiare una virgola, come se nel frattempo non fosse accaduto nulla. Sembra quasi che il messaggio sia che la band è tornata perché sono tornati tempi analoghi a quelli degli anni ’80 ma non c’è nessuno a fare quello che facevano loro, e qualcuno deve pur farlo: i CCCP. E questo conforta coloro che, ai tempi già li seguivano: il punk non è morto, i CCCP non sono morti, e pure i visitatori che sono cresciuti con loro e con la loro musica non si sentono più morti. Si sentono vivi, più vivi che mai come i CCCP. Impossibile rimanere indifferenti.   La mostra è stata prodotta e organizzata dalla Fondazione Palazzo Magnani e dal Comune di Reggio Emilia. La grafica della pubblicazione e i loghi della mostra sono stati creati da Matteo Torcinovich per Interno4 edizioni. Il progetto allestitivo è curato da Stefania Vasques e si arricchisce dei contributi artistici di Arthur Duff, Roberto Pugliese, Stefano Roveda e Luca Prandini; il light design è firmato da Pasquale Mari. Il progetto espositivo è realizzato grazie ai Fondi europei della Regione Emilia-Romagna. Hanno contribuito alla realizzazione della mostra Coopservice e Coop Alleanza 3.0.        

Spazio G43: la galleria alternativa di Prato, festeggia i suoi quattro anni con CRP Collettivo Rivoluzionario Protosonico

Lo SPAZIO G43, la più piccola galleria alternativa di Prato compie quattro anni e ha voluto festeggiarli sabato 3 febbraio con la musica dal vivo del gruppo industrial punk CRP Collettivo Rivoluzionario Protosonico che per la prima volta si è esibito con la nuova formazione.   Lo Spazio G43 è una galleria alternativa con una particolarità: nata durante il periodo pandemico, è piccolissima, misura solo 210 x 180 cm. La G43 è stata concepita da Enzo Correnti – noto artisticamente come Uomo Carta – in un disimpegno del proprio appartamento, ed è diventata in poco tempo un punto di riferimento per gli artisti alternativi.   Enzo Correnti è un artista performer, poeta visivo, mail artista, collagista, ideatore e curatore di “Esserci senza esserci” e molto altro ancora, e ha partecipato alle due ultime edizioni del Lucca Capannori Underground Festival.   Tornando allo Spazio G43, in questo “disimpegno” collocato tra le camere e il bagno, ci sono 5 porte e un frigo in disuso che diventano parte attiva della mini-galleria.   Può sembrare incredibile viste le sue piccole dimensioni, ma la galleria in questi anni è stata molto attiva: «Nei quattro anni di vita dello Spazio G43 − spiega Correnti − sono state ospitate quattro mostre personali, quattro collettive, letture di poesie, danza butoh, video-art, video performance, performance, ascolto di musica da vinili rari e musica dal vivo. Con questa mostra raccontiamo quattro anni di intenso lavoro di partecipazione, di sperimentazione, di incontri avvenuti allo Spazio G43: _guroga, artista venezuelana, ha realizzato tutte le locandine degli eventi esposte».   L’esibizione del CRP Collettivo Rivoluzionario Protosonico con la nuova formazione   Sorprese anche da parte dell’ospite d’onore, il gruppo industrial punk  di Capannori, CRP Collettivo Rivoluzionario Protosonico che ha aperto il live con un brano inedito e che si è esibito per la prima volta con la nuova formazione. Lo scorso dicembre, infatti, Chiara Venturini è stata annunciata sui social del CRP come nuova componente del gruppo: «Non vedevo l’ora di esibirmi come membro effettivo dei CRP, e averlo fatto per la prima volta in un contesto così particolare è stato ancor più siginficativo». «Lo Spazio G43 è una piccola grande realtà − affermano i CRP − capace di attrarre e coinvolgere numerosi artisti della scena culturale alternativa. Sono situazioni che ti aspetteresti di trovare a Berlino, e non in città italiane».     Spazio G43 polo di attrazione di artisti alternativi       Presenti al festeggiamento dei quattro anni della G43 numerosi artisti della scena culturale alternativa: Murat Onol che ha curato l’allestimento, Ina Ripari, Mattia Crisci e Lauraballa che operano a Prato, Ubaldo Molesti dell’area fiorentina e Maya Lopez Muro molto attiva nel mondo della mail art, Claudio Balducci fondatore e caporedattore di SCHEDA Metropolitana di Prato e infine l’esperto d’arte Contemporanea Piero Cantini che è stato anche l’allestitore delle mostre al Centro Pecci di Prato per una ventina di anni. Ha partecipato anche l’assessore alla cultura del Comune di Prato, Simone Mangani.   

Green Day Saviors, album cover

“SAVIORS”: ha senso ascoltare i GREEN DAY del 2024?

Si sta parlando tantissimo del nuovo album. Ma vale la pena ascoltarlo? Non mi sono fermato alle anteprime e mi sono preso una settimana per darmi una risposta.   di Carlo “Charlie” Matteoli IL RITORNO DI ROB CAVALLO «Tutto è cominciato da Billie che ha chiamato Rob per fargli un saluto e la prima cosa che Rob ha detto a Billie è stata: “Sei pronto a fare nuovamente la storia del rock and roll?”. E pensare che Billie voleva solo sapere come stava!». Questo è ciò che ha raccontato in più occasioni il bassista Mike Dirnt parlando della ritrovata collaborazione con il produttore dei super album “Dookie” e “American Idiot”. «Rob è dotato di una grande energia che riesce a sprigionare durante il processo di registrazione. Queste canzoni davvero riflettono quell’energia. Era l’uomo giusto per questo progetto, non c’è nessuno meglio di Rob con cui lavorare».   I TESTI: LA POLITICA E LA CRITICA AL MONDO AMERICANO Da “American Idiot” in poi i Green Day hanno spesso criticato il mondo americano e la sua politica. Anche in “Saviors” ci sono numerose canzoni in merito, a partire da “The American Dream is killing me” che già dal titolo non lascia molti dubbi. Una canzone che vuole affermare quanto il Sogno Americano si sia trasformato in un incubo, puntando il dito sulla difficoltà sempre crescente nel potersi permettere un luogo dignitoso in cui vivere: Bulldoze your family home / Now it’s a condo […] Don’t want no huddled masses / TikTok and taxes […] Under the overpass / Sleeping in broken glass Un altro esempio di critica a quanto succede ogni giorno negli States è “Living in the 20s”: Another shooting in a supermarket / […] I drink my media and turn it into vomit […]  We’re all together and we’re living in the 20s IL FATTORE PERSONALE E MENTALE, UNA SORTA DI AUTOANALISI L’altro argomento molto presente nell’album è quello della condizione personale, sopratutto a livello mentale; un tema che Billie Joe ha cercato di cantare sin dagli esordi prima come tentativo di autoanalisi poi come volontà di aprirsi al proprio pubblico; ad esempio la canzone più famosa della band (sto parlando di “Basket Case” ovviamente!) parla di attacchi di ansia e di quando si ha l’impressione di stare per impazzire. La sensazione è che, nonostante siano passati tanti anni (esattamente 30 da “Dookie”, esattamente 20 da “American Idiot”), questa voglia di sfogarsi ed aprirsi sia ancora sincera arrivando facilmente ad empatizzare con chi ascolta. Ed ecco che l’approfondimento dei testi si fa interessante.   Dal tema delle dipendenze in “Dilemma”: I was sober, now I’m drunk again / I’m in trouble and in love again / I don’t want to be a dead man walking ma anche in “Goodnight Adeline”: Some days are holidays / Some days you call your mother / Some days you’re sober / But you’re still waking up with a hangover passando per quello dell’amore per la musica (intesa anche come valvola di sfogo e terapia) e non per la fama in “Corvette Summer”: Don’t want no money / Don’t want no fame / All I want is my records / Making my pain go away a quello delle relazioni personali, ad esempio in “Bobby Sox”: Do you wanna be my best friend? / You can drive me crazy / All over again / And I’ll bore to death / Doesn’t matter when we are in love […] Do you wanna be my girlfriend? / Do you wanna be my boyfriend? / Do you wanna be my… Canzone, quest’ultima, con un testo apparentemente molto banale, quasi infantile. Ma leggendo fra le righe ne esce un significato ben più profondo; Billie Joe in proposito ha dichiarato: «Bobby Sox è una delle mie canzoni preferite dell’album, è la canzone degli anni ’90 che non abbiamo mai scritto. All’inizio era una dedica a mia moglie ma ultimandone la composizione ho voluto cambiarla aggiungendo: ‘Vuoi essere il mio ragazzo?’ oltre a ‘Vuoi essere la mia ragazza’… Quindi la canzone si è trasformata in una sorta di inno universale». Una scelta ben precisa se ci ricordiamo che ormai parecchi anni fa Billie Joe rivelò di essere bisessuale. Un’altra traccia con un testo apparentemente poco interessante è “Look Ma, No Brains!”: Don’t know much about history / ‘Cause I never learned how to read […] Nonsense is my heroin / […] I defy the science of the missing link / […] I said look ma, I ain’t got no brains / […] I don’t need your help Sembra semplicemente la descrizione di una persona tanto svogliata quanto stupida ma qualche dichiarazione fatta dalla band nel corso delle ultime settimane ci viene in aiuto: il brano parla di ignoranza, auto isolamento e una voluta mancanza di interesse per la storia e ciò da cui possiamo effettivamente imparare per evitare di ripetere errori già fatti da altri in passato; uno dei tranelli più facili e insidiosi in cui cascare in questo momento storico.«… ora siamo tutti imprigionati in questo algoritmo che ci viene somministrato ogni giorno. Anch’io ne sono vittima.» ha dichiarato Billie Joe in una recente intervista a Guitar World Magazine «Le cose che vedi online o su Instagram o YouTube alimentano semplicemente ciò che il tuo cervello desidera vedere. Pensi di essere informato, ma in realtà ti stai chiudendo sempre di più nella tua bolla.»   LA MUSICA: “Fra American Idiot e Dookie”, dicono. Ma non aspettarti quel livello. Dopo il tentativo mal riuscito di cambiare aria con “Father of All Motherfuckers”, questo nuovo lavoro torna sui binari che portano allo stile dei Green Day che la maggior parte delle persone può facilmente riconoscere ma, è bene metterlo in chiaro, certe dichiarazioni fatte nei mesi precedenti l’uscita in cui si faceva capire che questo poteva essere l’anello di congiunzione fra “Dookie” e “American Idiot” sono quantomeno esagerate. “SAVIORS” NON È UN CAPOLAVORO e chi si è fatto abbindolare da certe sirene è sicuramente rimasto deluso.   MA ALLORA PERCHÉ ASCOLTARLO?  

OOOHM Festival

Al via OOOMH Festival (Out Of Ordinary Music Hills Festival) da un’idea di Antonio Aiazzi!

– di Gianmarco Caselli – Prende il via la prima edizione di OOOMH Festival (Out Of Ordinary Music Hills Festival), un festival musicale di “suoni diversi dal solito, ricercati, che vanno dall’elettronica all’ambient, dall’art rock alla sperimentazione” nato da un’idea di Antonio Aiazzi e Simone Stefanini. Tre giorni di musica in cui si esibiranno a Guardistallo, dal 19 al 21 gennaio 2024, artisti come il duo costituito dal membro fondatore degli  Einsturzende Neubauten, Alexander Hacke, con Danielle De Picciotto, e lo stesso Antonio Aiazzi con l’amico, nonché collega musicale dai tempi dei Litfiba, Gianni Maroccolo. Il Festival è organizzato da Arte Residente e Ass. Piccola Parigi. Abbiamo intervistato Antonio Aiazzi che, insieme a Gianni Maroccolo, a novembre scorso, è stato ospite di Lucca Capannori Underground Festival 2023. Durante l’evento, co-condotto da Master Mixo, Aiazzi e Maroccolo hanno ricevuto il Premio Lucca Capannori Underground Festival per la diffusione della cultura Underground.     Aiazzi, un Festival nuovo ha bisogno di una presentazione. Avevamo iniziato a ragionare all’interno dell’associazione Arte Residente di cominciare a fare un festival. L’occasione si è presentata perché abbiamo dei partner sulla costa, e uno di questi aveva ricevuto la proposta del concerto di Hacke-De Picciotto. È stata la scintilla per organizzare un festival a Guardistallo, un festival il cui titolo fa già capire che andiamo a fare cose fuori dall’ordinario.   OOOMH si terrà nel contesto del teatro Marchionneschi, un teatro di fine Ottocento nel borgo toscano di Guardistallo (PI), in una collina a due passi dal mare. Sì, a Guardistallo mi sono legato al Teatro Marchionneschi dove, quasi tre anni fa, abbiamo portato delle prove di Mephisto Ballad con Maroccolo, e da quel momento ho cominciato a fare una progettazione di gestione molto sperimentale: è un vero e proprio centro di produzione. Abbiamo acquistato varie tecnologie – come i mixer digitali – e i camerini sono stati trasformati in regie audio. Non è un teatro come si concepisce solitamente con la compagnia teatrale, gli spettacoli e gli abbonati. È un luogo dove si registrano dischi, si fanno residenze musicali, e abbiamo costituito una rete intorno al teatro che riguarda gli appartamenti per le residenze, convenzioni con ristoranti etc. È la forza del borgo. Tutto questo per adesso senza fondi istituzionali.   Fare un festival del genere oggi non è proprio facile. Ma è anche la sua forza. È anche una prova per capire il territorio, che fra l’altro ora, essendo sul mare, è anche al minimo della presenza. Ma dovevamo iniziare. Ci tenevo perché vorrei provare a fare anche un’edizione estiva. In questi primi tre eventi si passa dalla musica di Satie e Glass con il primo appuntamento che vede esibirsi Alessandra Celletti, a Hacke-De Picciotto con il mondo musicalmente sperimentale che si portano dietro; il terzo appuntamento, di pomeriggio, sarà con Fabio Capanni – musicista molto particolare che ha suonato tanto all’estero – insieme a me, Gianni Maroccolo e Luca Fucci. In questa occasione eseguirò due brani  “nuovi”: erano nel computer da anni e riascoltandoli li ho trovati bellissime.           Con Maroccolo proseguono amicizia e collaborazione. Dopo il bellissimo “Mephisto Ballad” avete già in mente altro? Qui arriverà una produzione per un progetto con lo scienziato Telmo Pievani e faremo uno spettacolo con la band di “Nulla è andato perso” su cui lavoreremo per almeno un mese, ma è solo una delle tante. Pensi che la musica alternativa stia ricostruendo un proprio habitat? Mah… secondo me è un problema che va oltre la musica. Si deve capire come riportare un pubblico a vedere un concerto. Se vai alla ricerca di cose fuori dagli schemi questo è un bacino ancora piccolo. Bisogna lavorarci tanto. Iniziamo un investimento. speriamo che possa venire supportato maggiormente durante l’estate.                    

Il giovane Mel Brooks in un fumetto di Isabella Di Leo!

– di Gianmarco Caselli “Mel Brooks & Sid Caesar: È bello essere il re!”, il nuovo fumetto di Isabella Di Leo dedicato a Mel Brooks edito dalla casa editrice “Becco Giallo”, è stato presentato in anteprima a Lucca Comics & Games 2023. Un volume di ben 300 pagine in cui la Di Leo ritrae Mel Brooks che ripercorre la propria storia personale raccontandola a Gene Wilder durante le fasi finali di montaggio di “Frankenstein Jr”.     Una storia che non può non appassionare e che si incrocia con quella di Sid Caesar, uno dei pionieri della televisione americana anni ’50 con i programmi “Your Show of Shows” e “Caesar’s Hour” che intrattenevano ogni sabato sera più di trenta milioni di americani davanti allo schermo. Fu proprio Caesar a scoprire Mel Brooks e fra i due scatterà qualcosa di più di un rapporto lavorativo. Ed è proprio nell’approfondimento della psicologia dei due personaggi che la Di Leo dà il meglio di sé scovando i demoni che agitavano i due showmen. Abbiamo intervistato la Di Leo a Lucca Comics & Games 2023. Il tuo precedente lavoro era su “Frankenstein Jr.” Questo è il tuo secondo libro su Mel Brooks: è una dipendenza? Lo è, ne sono appassionata da quando sono ragazzina. Adesso che sono ufficialmente diventata fumettista volevo fare un omaggio al mio più grande idolo. Quindi è una scelta tua. Assolutamente sì, l’ho proposta io. La prima idea su Frankenstein Jr l’ho proposta nel 2019 e questa quasi due anni fa. La casa editrice “Becco Giallo” è stata felicissima di accogliere entrambe le idee. Tu hai scritto solo la sceneggiatura o sei autrice anche del resto? Esattamente, sono autrice di tutto: soggetto, sceneggiatura, inchiostri e colore. Perché hai detto “adesso che sono ufficialmente diventata fumettista”? Perché ho cominciato a stampare nel 2019 con Triplo guaio, non sono più autrice solo con strisce sul web. In questo lavoro hai approfondito il Mel Brooks degli esordi. Chi era? In Italia Mel Brooks è più conosciuto da quando ha cominciato a fare Frankenstein Jr. Non è molto conosciuto il Brooks ventenne, che era un bravissimo sceneggiatore televisivo che ha collaborato con i più grandi comici del periodo come Jerry Lewis e Woody Allen. Immagino tu abbia dovuto sacrificare qualcosa: ti è dispiaciuto lasciare da parte qualcosa in particolare? Qualche gag che avrebbe reso ancora più umano Mel Brooks ma già il fumetto è di trecento pagine, dovevo assolutamente tagliare qualcosa che poi magari metterò sui social per i miei fan. Cosa hai invece privilegiato? I suoi demoni: ciò che ha vissuto come soldato in guerra, come questa esperienza lo abbia trasformato, come gli abbia procurato delle nevrosi. È la parte di lui che meno si conosce: lo si conosce come pagliaccio ma era importante far vedere come questo pagliaccio nasca anche da tali nevrosi. E tu hai scoperto qualcosa che non conoscevi di lui? Prima di cimentarmi in questa biografia ho comprato libri e interviste e ho scoperto proprio questo lato più nascosto, i traumi lasciati dalla guerra, gli attacchi paranoidi da cui era afflitto. Lo stile del disegno: resta il tuo tratto o c’è qualcosa che hai cambiato per narrare questa storia? Credo di avere avuto influenze con gli artisti che più copiavo da ragazzina come Toriyama di Dragon Ball, Bruce Timm di Batman, Don Rosa di Walt Disney. Nel mio stile c’è un pelo di loro tre. No, ho mantenuto il mio stile per raccontare questa storia.  

Sara Vettori e Caterina Scardillo a Lucca Comics & Games 2023 - cover

Vorreste stupire i vostri amici con una cena a base di sirena e unicorno ma non conoscete le ricette? Ecco il libro che fa per voi!

di Gianmarco Caselli Avete intenzione di stupire i vostri amici a cena? Niente di meglio che preparare un bel Kraken cacciuccato alla livornese o sfilacci di unicorno con polenta o perché no… una sirena in scatola sott’olio. Ma se non è un problema reperire questi animali fantastici, lo è invece trovare le ricette per cucinarli. O almeno lo era fino a oggi, perché adesso abbiamo a disposizione un pratico ricettario immaginario edito da Edizioni NPE e che si intitola proprio Animali misteriosi e come mangiarli. Un libro in stile ottocentesco arricchito da illustrazioni ispirate ai bestiari medievali e ai libri di cucina del XIX secolo. Un volumetto prezioso e anche fortemente ironico che, nella quarta di copertina, per fugare ogni dubbio di noi animalisti, chiarisce: “Nessun animale, né reale né ovviamente immaginario, è stato maltrattato durante la realizzazione di questo libro.” Questo piccolo gioiello culinario, che non potrà più mancare nelle nostre cucine, è realizzato dalla Imaginary Travel Ltd, un trio costituito da Michele Mingrone (autore e coordinatore del progetto), Sara Vettori (illustrazioni originali) e Caterina Scardillo (progetto grafico, impaginazione e calligrafia), autori anche di altri due volumi in stile ottocentesco: I luoghi di Lovecraft, e il bellissimo Vampiri, dove trovarli. Abbiamo incontrato Sara Vettori e Caterina Scardillo a Lucca Comics & Games 2023 e le abbiamo intervistate. Imaginary Travel Ltd può essere definito una sorta di piccolo collettivo? Caterina Scardillo: Esattamente. Abbiamo creato questo nome immaginario Imaginary Travel Ltd appunto,come fosse una società inglese; ma siamo io, Sara e Michele che è poi l’ideatore e curatore di tutti e tre i libri. Siete sempre e solo voi tre o siete stati affiancati anche da altri collaboratori per le vostre pubblicazioni? C.S. Abbiamo realizzato tutti i nostri libri insieme ma abbiamo avuto anche qualche ospite, qualche capitolo nei vari libri è stato scritto a più mani con altri autori fra cui Federico Guerri “Sindaco di Nerd”, Mario Venturella, Fulvia Cipriani, Francesca Cherici… Sara Vettori.: Per ogni libro abbiamo dei collaboratori, ci piace collaborare, l’unione fa la forza. È bello avere più voci all’interno di ogni volume. Chi sceglie il tema da trattare in ogni nuovo lavoro? C.S.: L’idea del libro la scegliamo noi tre insieme all’editore. I temi sono sempre noir come piace a noi; una volta scelto il tema, Michele scrive il testo e contemporaneamente Sara (Vettori) crea illustrazioni per ogni capitolo a partire dalla suggestione che le viene dal testo di Michele. I loro lavori corrono paralleli. Quando hanno finito la loro parte, arrivo io come ultima staffetta che impagino il tutto tenendo un filo conduttore di tutti gli elementi e cercando di essere aderente al periodo storico in cui si ambientano i libri. Perché queste che realizziamo vogliono si propongono come guide immaginarie turistiche d’epoca. Sono guide immaginarie di fine ‘800. Che tecniche utilizzate per realizzarle in uno stile che ricalchi quello di tale epoca? C.S.: Mentre Sara deve tenere conto delle tecniche di stampa, io devo tenere conto dei caratteri tipografici: tutto deve essere coerente con l’epoca in cui si finge sia uscito il libro. S.V.: Principalmente sono un incisore, quindi utilizzo la xilografia e la calcografia, ma è impensabile realizzare 150 illustrazioni con queste tecniche perché richiedono tempi molto lunghi. Per ogni libro quindi ne utilizzo varie, dal carboncino alla grafite, all’acquarello e molte incisioni. Ogni tecnica è finalizzata per quello che voglio realizzare, al tema della storia o al particolare da descrivere; vado molto a sentimento e cerco armonia fra tutte le tecniche. Magari parto da una base di incisione, che poi decido di acquarellare e infine il mio lavoro  può anche essere rielaborato graficamente da Caterina. Il vostro è dunque un lavoro molto artigianale… S.V.:  Molto. Anche adesso allo stand [di Lucca Comics] per fare le dediche sui libri, Caterina sta calligrafando e io sto timbrando con piccole incisioni montate su legno. Immagino che ci sia un lavoro di documentazione molto impegnativo dietro ogni lavoro. Che tipo di studio c’è dietro i vostri volumi? S.V.: Tanti libri. Michele per realizzare i suoi scritti sui vampiri è partito da Babilonia. La ricerca è veramente lunga. Noi facciamo lo stesso: Caterina per i caratteri tipografici e per tutto ciò che concerne la grafica, io anche per le illustrazioni: tutto deve essere più filologico possibile. Da vegetariano posso utilizzare questo libro? S.V.: Anche io sono vegetariana, ho scritto la ricetta delle polpette alla mandragora! E ce ne sono anche altre: quella dello Ya-te-veo, dell’agnello vegetale, dei funghi di Kingsport, e quella della baverese al Blob bianco. Ovviamente vanno cambiati gli ingredienti… A chi è venuta l’idea di fare questi libri? L’idea originaria è stata di Michele che durante laboratori svolti nelle scuole con alcuni ragazzi sul tema del viaggio immaginario, aveva provato a ricreare delle mappe sulle quali muoversi per gioco. Da qui l’idea è stata sviluppata da Sara e Michele ma in forma di libro d’arte con le illustrazioni. Inizialmente pensavano a una sorta di Lonely Planet. Poi sono arrivata io e ho pensato di introdurre un’ambientazione d’epoca un po’ retrò, un po’ vintage e abbiamo adottato questa estetica anticata.