– di Gianmarco Caselli –
Un concerto epico per un numero molto limitato di persone, poco meno di duemila, quello che ha visto esibirsi i Nick Mason’s Saucerful of Secrets – la band del batterista dei Pink Floyd, Nick Mason attiva dal 2018 – al Teatro Grande di Pompei il 24 luglio scorso.
Un concerto epico per tutti: per la città, per i relativamente pochi spettatori, e anche per Mason stesso che la mattina stessa ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Pompei.
Per i non addetti ai lavori si deve ricordare che a inizio anni ’70 nell’anfiteatro di Pompei venne realizzato il film documentario Pink Floyd: Live at Pompeii con la band al completo (ovviamente senza Syd Barrett). Sempre a Pompei tornò il chitarrista David Gilmour nel 2016 per due concerti. Per questo motivo il ritorno agli scavi è importante per tutti, musicisti e spettatori. Tantissimi i fan venuti appositamente dall’estero per assistere a questo appuntamento unico prodotto da D’Alessandro & Galli
Mason è l’unico dei Pink Floyd a essere stato presente nella band dal primo all’ultimo disco, ed è quello a cui i fan probabilmente vogliono più bene sia perché è la memoria storica del gruppo sia, soprattutto, perché è quello che più avrebbe voluto una reunion resa impossibile dai litigi fra Gilmour e Waters alimentati anche dalle uscite incendiarie di Polly Samson contro Waters, da molti vista come la Yoko Ono della situazione… e a questo proposito come non notare durante il concerto alcuni fan con la maglietta azzurra con su scritto “Who the fuck is Polly Samson?”.
L’evento
Mason stesso ha sentito l’importanza di questo appuntamento e lo ha detto anche durante il concerto: “È un’occasione speciale: ho portato con me mia moglie, le mie figlie e i tre nipoti perché assistessero a questo momento.” Il legame con il precedente evento a Pompei è visibile appena entra sulle prime note della spettacolare One of these days calcando un riconoscibile cappello nero in testa: “Ho messo lo stesso cappello del film.”
Parla poco, l’ex Pink Floyd, ma ha un rapporto veramente naturale con il pubblico e si dice dispiaciuto di non avere potuto portare il resto della band con sé e di avere perso i suoi baffi. E a proposito di battute è spettacolare il momento in cui finge di ricevere una telefonata da Roger Waters che gli chiede se sa dove sia finito il suo gong e lui risponde che gli pare di averlo visto a casa di David Gilmour.
Il concerto
È quasi superfluo dire quanto sia stato spettacolare il concerto. La band propone i brani dei Floyd prima di The Dark side of the moon con le proiezioni video sulle rovine alle spalle del palco, e se la scaletta è sempre la solita dei concerti dei Nick Mason’s Saucerful of Secrets, l’importanza dell’evento ha contagiato emotivamente pubblico e musicisti in un crescendo sensazionale. La band emerge in tutta la sua potenza evocativa in brani come Echoes, nella semplicemente magnifica A saucerful of Secrets, One of these days, Set the controls for the heart of the sun.
Lo stesso Nick Mason in questi brani (oltre ad altri come Remember a day) recupera quel suo spettacolare tocco che lo rende unico nel panorama dei batteristi che in parte, almeno fino a un anno fa, sembrava meno evidente e che non lascia dubbi sul fatto di trovarsi davanti a uno dei Pink Floyd.
La band
La band è molto più rodata e i musicisti dialogano di più rispetto a un anno fa. Gary Kemp (voce e chitarra), porta sulle spalle il peso enorme di sostituire le voci originali dei Floyd. Ora è molto più a suo agio, per quanto sia concentratissimo e si capisca quanto ci tenga a fare bella figura in questa data, forse anche perché sente di essere amato e ringraziato dal pubblico. Dom Bekem (tastiere) fa scaturire dai sintetizzatori suoni che spesso non sarebbero tipici di Wright, con delle onde sonore talmente dense che talvolta fanno tremare il terreno sotto i piedi ma che sono azzeccatissime. Del resto andrebbe chiarito che se tutto fosse identico alle versioni originali sarebbe come trovarsi di fronte a una cover band. Ma così non è, e il tutto avviene sotto la garanzia del cappello di Nick Mason!
Guy Pratt (basso), che fino a un anno fa era visibilmente il direttore d’orchestra sul palco, ora che la band è più rodata, emerge meno in questo ruolo, ma comunque vuole farsi vedere ammiccando, scherzando, facendo mosse e accenni di balletti: per molti fan questo modo di atteggiarsi sul palco è esagerato e sminuisce la dimensione epica della musica visionaria dei Floyd. Dal punto di vista musicale però non si può dire assolutamente nulla avendo Pratt collaborato con i Floyd e con Gilmour da anni (oltre ad avere sposato la figlia di Richard Wright).
Lee Harris (chitarra) sta nel suo angolo, è bravissimo, ma fa in modo di non attirare l’attenzione . Poi, quando durante la fantastica esecuzione di Echoes alza la chitarra sopra di sé, emerge in tutta la sua umile importanza e bravura.
Chi c’era ha assistito a un altro grande evento che rimarrà nella Storia della Musica e potrà raccontarlo ai propri nipoti.